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La Battaglia di Santiago: Cile-Italia 1962

“Buon pomeriggio. L’incontro a cui state per assistere è l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa nella storia di questo sport”. È il telecronista della BBC David Coleman a esordire così in occasione del racconto in differita di una delle pagine più nere della storia del calcio, un incontro di arti marziali più che di football: Cile-Italia dei Campionati Mondiali 1962, match conosciuto come la Battaglia di Santiago.

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Spetta al Paese sudamericano l’onere di organizzare la settima edizione della Coppa Rimet vinta quattro anni prima dal Brasile del nuovo talento Pelè. La scelta della Fifa non trova alto gradimento da parte delle altre nazioni: il Cile deve fare i conti con una pesante crisi economica, aggravata da un devastante terremoto, uno dei più violenti della storia, che ha distrutto parte del suo territorio nel 1961.

L’Italia in primis si scaglia contro la scelta del massimo organo calcistico internazionale per un Mondiale decisamente austero. E la nostra federazione, che ritorna a disputare una rassegna iridata dopo aver clamorosamente mancato quella precedente, non fa nulla per farsi ben volere dai padroni di casa, che per ironia della sorte finiscono nel nostro stesso raggruppamento assieme a Germania Ovest e Svizzera.

È la stampa nostrana, in particolare, a rappresentare in modo totalmente inopportuno il Paese organizzatore. Due inviati in Sudamerica, Antonio Ghirelli del Corriere della Sera e Corrado Pizzinelli de Il Resto del Carlino-La Nazione, tracciano uno squallido dipinto del luogo chiamato ad ospitare l’élite del calcio mondiale. Il primo lo definisce “uno dei paesi sottosviluppati del mondo e afflitto da tutti i mali possibili: denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria”; il secondo rincara la dose ed esclama senza ritegno che “gli abitanti di quei continenti sono dei non progrediti, questi sono dei regrediti“.

Va da sé che quando queste righe giungono fin là l’accoglienza che ci riservano non può essere delle più festanti. Ovunque c’è indignazione, il popolo invoca l’espulsione dei due giornalisti, si apre una sorta di caccia alle streghe, ovvero gli italiani arrivati fin lì. E alla vigilia del match tra le due nazionali il quotidiano El Clarin titola “Guerra Mondiale“.

Ma veniamo ai fatti. Dopo lo zero a zero tra Italia e Germania Ovest nella partita inaugurale, gli azzurri si trovano ad affrontare proprio il Cile. La nostra nazionale arriva al Mondiale con una squadra davvero competitiva – tra le più forti di sempre, sostengono alcuni – e per i bookmakers è nel novero delle quattro favorite alla vittoria finale. Milan e Inter dominano in Europa, in più c’è l’arma di Omar Sivori in forza alla Juventus, un oriundo che, come il connazionale Humberto Maschio, contribuisce a gettare acqua sul fango sui nostri (sappiamo quanto si accesa la rivalità tra argentini e cileni).

L’Italia i suoi errori tattico-tecnici li commette. In panchina dovrebbe esserci Nereo Rocco, l’allenatore friulano che ha reso grande il Milan. Ma, a causa di dissapori con la federazione, in panchina siede la coppia Paolo Mazza e Giovanni Ferrari, il vero punto debole dell’intera nazionale. E costoro, travolti dalle critiche dopo lo scialbo pareggio a reti bianche contro i i tedeschi, cambiano sei undicesimi della formazione rispetto alla partita inaugurale e buttano fuori, tra gli altri, Cesare Maldini, Gianni Rivera e Omar Sivori.

Ad arbitrare l’incontro è l’inglese Ken Aston, il quale – per la prima e unica volta nella storia – si trova a dirigere la stessa nazionale (il Cile) per due volte consecutive. È il 2 giugno e all’Estadio Nacional del Chile va in scena una pagina di cronaca nera davanti a 66 mila spettatori. Bastano appena sette minuti per capire l’andamento delle cose: duro intervento di Honorino Landa su Giorgio Ferrini, che commette un fallo di reazione e viene subito mandato negli spogliatoi dall’arbitro.

Ferrini

Si accende una prima mischia: l’italiano Humberto Maschio (si, proprio l’oriundo), viene colpito da un pugno sferrato dall’avversario Leonel Sanchez. L’arbitro non vede e l’azzurro si trova a terra con il naso fratturato senza poter essere sostituito (cambi non ammessi all’epoca). Intanto Ferrini si mostra reticente a lasciare il terreno di gioco e così è costretta ad intervenire la pattuglia dei Carabinieri, che si porta via il giocatore come fosse un pericoloso delinquente.

La partita prosegue in modo molto frammentato e ogni fallo fischiato è oggetto di discussione. Al minuto 38 la situazione precipita nuovamente: in seguito ad uno scontro tra Leonel Sanchez e Mario David si accende una rissa: volano un pugno del primo (figlio del pugile Juan Sanchez) e un calcio del secondo, ma l’arbitro punisce soltanto quest’ultimo e così l’Italia si trova a proseguire in nove (tra cui un Maschio a mezzo servizio) contro undici. Gli azzurri resistono per tre quarti di match, ma nei quindici minuti finali capitolano per due volte: Ramirez al 74′ e Toro all’88’ regalano la vittoria al Cile ed eliminano l’Italia, alla quale non serve a nulla il successo per 3-0 nell’ultima partita del girone contro la Svizzera.

Da papabili per il trionfo finale si torna a casa a mani vuote dopo un incontro tristemente passato alla storia per i tanti episodi extra-sportivi. Finiscono tutti sotto accusa: l’arbitro – “Non stavo arbitrando una partita di calcio, facevo il giudice in un conflitto militare”, dirà successivamente – i servizi di polizia cilena, la delegazione italiana (dai giornalisti allo staff tecnico fino ai giocatori). Un’umiliazione cui ne segue un’altra quattro anni dopo: la Fatal Corea.

Se le parole non bastano a rendere l’idea di ciò che è realmente accaduto, ecco la telecronaca originale della Battaglia di Santiago.

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