Lo chiamano «sano sfottò», gli Irriducibili della Lazio: eppure lo striscione di minacce, i manichini della Roma appesi e quel comunicato indicano ben altro.
Ieri, dopo che per una mattinata intera si erano rincorse notizie e indiscrezione sulla presunta matrice biancoceleste, una frangia della curva Nord aveva rivendicato l’atto usando queste parole:
«Meravigliati e stupiti da tanta ottusità, dal sensazionalismo misto all’allarmismo che anima il giornalismo italiano. Con la seguente nota, gli Irriducibili della curva Nord Lazio, rivendicano la natura dello striscione apparso questa notte e chiariscono che il tutto va circoscritto nel sano sfottò che genera il derby capitolino. Nessuna minaccia a nessun giocatore della Roma, le bambole gonfiabili, rappresentano una metafora che vuole rimarcare lo stato depressivo in cui versano i tifosi e i giocatori dell’altra sponda del Tevere. Si tratta della continuazione e non della fine, di un sano sfottò che si protrae già da tre Derby, l’invito alla luce accesa è per evitare che di notte gli incubi possano disturbare i loro sonni, come accade dal 26 Maggio 2013. Non riteniamo scusarci con nessuno in quanto, seppur di cattivo gusto per alcuni, rientra tutto nel sano diritto a deridere l’avversario calcistico di sempre. Questo comunicato nasce dall’esigenza di rispondere e tutelarci, da una stampa attenta a strumentalizzare, allarmare e mistificare piuttosto che limitarsi a fare un’informazione chiara e corretta…Arrivederci al prossimo incubo…»
Definire un atto del genere come un episodio di «sano sfottò» non rasenta ma sconfina nella follia più pura, in una ricerca del macabro che non vale come nulla di metaforico. A meno che non voglia descrivere il depauperamento, anzi l’eccessivo svuotamento del tifo calcistico di ogni barlume di civiltà e buonsenso.
Da sempre, si sa, il derby capitolino porta con sé un carico di sfottò, derisione e beffe reciproche che durano praticamente da una stracittadina all’altra. Ma pensare che un manipolo di tifosi organizzati abbia potuto aggirarsi a pochi metri dal Colosseo, simbolo assoluto dell’Italia nel mondo, praticamente indisturbati e senza che nessuno tra le forze dell’ordine intervenisse provoca una terribile inquietudine.
Tutto fa capire il livello di sordide pretese cui sono giunte a volte alcune curve organizzate del calcio italiano: quelle che si sono trasformate da semplici e goliardiche cattedrali del tifo in nicchie di contropotere organizzato, cresciuto a pane e violenza e pronto a minacciare l’incolumità di giocatori e dirigenti lasciando messaggi talmente intimidatori da promettere botte, mazzate o peggio.
Quello che inquieta ancor di più è che, in un momento storico così pieno di allarmi e pericoli sulla pubblica sicurezza, non si può pensare di combattere il terrorismo internazionale se non si hanno l’attenzione e la volontà di mettere in campo tutti i deterrenti per scongiurare atti del genere. La Digos ha avviato un’indagine sull’episodio; ma è troppo poco per evitare situazioni così inquietanti e violente.
La deriva, insomma, è totale: calcistica, pubblica e linguistica. Se quello dei manichini può essere definito un «sano sfottò», allora l’Italia è davvero un Paese che funziona bene…